Botti chiuse: futura tradizione o esercizio accademico?
Acetico - 01/09/2016 20:47
Premetto che la mia batteria e' troppo giovane per provare un approccio di questo tipo (aspettando densita' decenti)... ma un' altra di famiglia sarebbe perfetta. Da qualche anno, un gruppo di ricerca all' Universita' di MO e RE sostengono che il miglior invecchiamento in batteria si ottiene quando le botti sono chiuse. Pesco una citazione tra tante:
"The common practice of keeping the barrels not completely filled and with a hole on the top covered by cloth has several disadvantages. First, the head space increases the evaporating surface but decreases the contact of the vinegar with the wood and consequently reduce its selective capacity. Second, the large hole promotes the release of sensorially active molecules with low vapour pressure, and a large amount of aromatic substances are lost. Third, the loss of volatile compounds, other than water, decreases the yield and the residence time of the TBV. Finally, the open holes are a potential pathway for insects reaching the vinegar. The authors strongly discourage this practice for all of these reasons". (Giudici et al., Balsamic Vinegars: Tradition, Technology, Trade, 2015 ).
Mi interessa particolarmente la parte del legno come filtro molecolare, che lascia passare acqua ma non componenti volatili contribuendo cosi' alla ritenzione di aromi altrimenti "condivisi con gli angeli".
Conoscete qualcuno che ha provato questo approccio? Il modello ha senso sulla carta almeno per i barili piu' piccoli e microbiologicamente fermi, ma dal punto di vista pratico? La porosita' del legno potrebbe essere occlusa da zuccheri e altro portando la traspirazione quasi a 0, e senza evaporazione l' addensamento del balsamico richiederebbe tempi (ancora piu') lunghi.
Su una batteria gia' matura potrebbe essere interessante valutare se le proprieta' organolettiche migliorano riempiendo all'orlo e tappando le botti, ma a questo punto quanto balsamico potrei prelevare al momento del rincalzo senza iniziare a diluire il contenuto della prima botticella?
Se qualcuno ha esperienza diretta o indiretta sarei molto curioso! Grazie in anticipo.
Premesso che il Prof.Giudici è un guru per me mi permetto di non essere tanto d'accordo, o meglio di esserlo solo in parte.
Anche io tappo spesso i miei barili piu vecchi e piccoli per rallenatare l'evaporazione perchè ho densita che tendono ad aumentare troppo in alcuni casi.
Anche io ho un barile riempito all'orlo e tappato in cui mescolo i prelievi da due batterie diverse, ma lo faccio solo per dare tempo un ulteriore anno a questi due diversi aceti di incorporarsi tra loro, e sono comunque due aceti di piu di 25 anni.
-Per quanto riguarda tutti gli altri barili,dove l'aceto è piu liquido, non dimentichiamoci che i batteri acetici hanno bisogno di una cosa fondamentale per svolgere bene il loro lavoro, l'ossigeno, per questo le botti vengono lasciate a 3/4, proprio per favorire il contatto con l'aria ancor prima che per favorire l'evaporazione.C'è quindi bisogno di grande ricambio di aria per giungere a risultati eccellenti. ricambio di aria.
-Per quanto riguarda l'acqua che evaporerebbe mentre gli aromi piu volatili no ho qualche dubbio.Le molecole dell'acqua sono di norma piu grandi di quelle di questi aromi perciò se riescono a passare pelle dell'acqua perchè non dovrebbero riuscire a passare le altre. Cercare di non fare evaporare le molecole degli aromi piu volatili in un prodotto che rimane li per cosi tanti anni mi sembra un po un eufemismo.
L'evaporazione dell'acqua invece ne risulterebbe notevolmente rallentata, soprattutto con i legni meno porosi.
E butto li, ma è solo una mia ipotesi, anche un discreto rischio muffe con aceti giovani e liquidi in cui l'evaporazione è comunque piuttosto accentuata.
Naturalmente questo è solo il mio parere, io credo in generale che il balsamico abbia raggiunto nei secoli una sorta di "equilibrio" nel metodo produttivo. Ho apprezzato molto il lavoro del professor Giudici sulle materie prime e sono totalmente d'accordo con lui su tantissime cose che dice ma io ci andrei piano prima di andare a stravolgere il mio metodo produttivo. Credo che la nostra attenzione debba piuttosto essere incentrata sulla qualità delle materie prime e sulle buone pratiche in acetaia. Ma ripeto è solo una mia opinione.
Ciao Geppetto80, grazie per l'opinione. Come dicevo sopra, la chiusura delle botti e' secondo me applicabile solo alle botticelle piu' piccole, od eventualmente alla batteria integrale solo quando i rincalzi sono fatti con un affinato in cui l'etanolo e' gia' stato completamente ossidato ad acido acetico dagli acetobatteri. In questo modo il poco ossigeno non creerebbe problemi microbiologici. L' evaporazione in effetti rallentera' parecchio, ed infatti sono molto curioso di sentire un' esperienza diretta da qualcuno che ha provato la procedura.
Sulla dimensione delle molecole il discorso e' ancora aperto: come si vede dalla tabella (modificata), l' acqua e' la piu' piccola delle molecole piu' rappresentate in una batteria. Le molecole organiche sono effettivamente piu' grandi, che questo poi basti a far diventare il legno un filtro molecolare non lo so. Chissa' se qualcuno riuscira' mai a dimostrare che il balsamico viene effettivamente piu' buono con questo approccio.
Sono poi assolutamente d' accordo sul mettere tutta l' attenzione possibile sulla qualita' delle materie prime e le buone pratiche, solo dando amore riceveremo amore (nero). :)
Bèh, lancio lì la cosa ... Noi abbiamo 32 batterie tutte uguali tra loro eccetto che per la seconda botte (40 litri) che è in legni diversi. L'acetaia è stata così organizzata proprio per valutare negli anni l'effettivo apporto di quella particolare essenza sul prodotto. Scienza per scienza potremmo valutare la cosa e chiuderne alcune sempre, che ne dici?
Dico che sono molto invidioso per la vostra acetaia! :) Immagino non stiate valutando 32 essenze diverse (penso di neanche conoscerne cosi' tante), e che quindi abbiate qualche replicato in batterie identiche... le condizioni ideali per una piccola esplorazione. Non mi permetterei mai di dare suggerimenti sulla condizione di acetaie altrui, la decisione e' vostra. I dati interessanti secondo me sarebbero i volumi di rincalzo (misurandoli su ogni botte nelle batterie chiuse e in quelle di controllo) e ovviamente i caratteri chimico-fisici e organolettici. Forse in 2-3 anni avremo un'idea migliore se la direzione e' promettente grazie a pionieri come voi. E di nuovo, complimenti per le 32 batterie, non so cosa darei per avere cosi' tanto spazio! PS: se dovesse servirvi una mano con i rincalzi o anche solo con la definizione delle condizioni sperimentali, fatemi sapere. Sono molto curioso su questo argomento.
Ok Acetico, l'idea ci piace. Se ti va puoi andare sul nostro profilo "Acetaia di Max e Akane" e contattarmi tramite un qualsiasi annuncio così magari ci vediamo e parliamo della sperimentazione.
L'idea di Max mi sembra molto buona, approvo!
Acetico è vero che la molecola dell'acqua è le piu piccola ma è anche vero che è una delle meno volatili, perciò non so, non mi esprimo per non dire cavolate.
Sicuramente il metodo puop essere valido per le botti in cui l'aceto è piu denso ma a quel punto i composti piu volatili se ne sarebbero in gran parte gia andati mentre l'aceto "soggiornava" nelle botti piu grandi aperte.
Nel caso in cui le botti siano tutte chiuse invece mi è capitato di vedere botti contenenti aceto giovane e liquido che tenute chiuse hanno dato problemi di muffe.
Attendiamo fiduciosi la sperimentazione di Max.
Immagino che il gruppo di ricerca dell'Unimore, nel sostenere la tesi delle botti chiuse, abbia condotto un'osservazione in tal senso. Immagino però che la casistica su cui hanno lavorato non sia molto ampia, non su centinaia di batterie per intenderci. Forse potebbe essere interessante contattarli proprio per avere un approccio sistematico alla cosa (anche se, da come scrivono, sia Geppetto80 che Acetico non mi sembrano certo gi ultimi arrivati), e forse loro stessi potrebbero essere interessati a collaborare.
@Max e Akane, per "chiuderne alcune", intenedete alcune botti, o alcune batterie?
Ciao Marco, avevo gia' scavato nella letteratura (ho accesso ai database di quasi tutte le riviste peer reviewed) ma avevo trovato informazioni frammentarie. Poi dopo il tuo suggerimento, sono andato alla fonte e ho contattato gli accademici. Spero di avere notizie a breve e nel caso postero' gli aggiornamenti.
@Geppetto: sono d' accordo con i tuoi dubbi sulle tempistiche di evaporazione. Ma non so abbastanza per escludere che altre reazioni chimiche possano generare nuovi composti aromatici anche nella fase di invecchiamento, o magari nuove essenze cedute dal legno possano aggiungersi all' aceto anche nelle botticelle. La mia proposta a Max e' stata, in linea con le tue osservazioni, di chiudere le botticelle piu' piccole lasciando aperte le piu' grandi. Appena ricevo i dati sugli esperimenti fatti da Unimore provo ad aggiungere info.
Ciao a tutti, in generale sono d'accordo con la pratica proposta da Giudici, anche perché sono il coautore delle pubblicazioni riportate...
Le vostre ossevazioni sono interessanti e possono contribuire ad arricchire l'argomento, ma mi permetto di fare solo qualche osservazione.
1. Riguardo alla ridotta evaporazione con cocchiume chiuso. Abbiamo fatto le dovute misurazioni sulle batterie di proprietà di Giudici, tenute chiuse da quando sono state costituite (oltre 15 anni). La differenza di % di evaporato è molto bassa in generale, e quasi non apprezzabile per i barili giovani. Quindi sembra avere più senso tenere chiusi i barili giovani e semmai aprire quelli più densi, se uno cerca densità spinte. In questo modo gli aromi che si formano durante l'invecchiamento sono maggiormente trattenuti e si accumulano. Abbiamo poi fatto delle prove di traspirazione attraverso le doghe, e l'effetto setaccio è confermato. Ma questo effetto è già risaputo e studiato a fondo.
2. Densità scarsa. L'alta densità è un trend piuttosto recente, prima l'abt non era così. A mio avviso il beneficio sugli aromi è molto più importante del peso specifico. Faccio notare poi che ciò che conta al palato non è la densità ma la viscosità, come abbiamo scritto diverse volte. A breve posterò un link sull'argomento.
3. Muffe. Se si formano muffe all'interno del barile c'è un problema di acidità volatile troppo bassa. Nella nostra decodifica del processo produttivo le due fermentazioni - alcolica e acetica - sono distinte fra loro e distinte dall'invecchiamento. Il prodotto aceto base che va in batteria deve avere già praticamente completato la formazione di acido acetico, che preserva dalle muffe. Il problema è legato anche ai barili aperti: se si perde acidità volatile, si può incorrere nel rischio muffe.
Le muffe che invece si formano sull'esterno dei barili sono un fenomeno positivo: significa che le doghe sono completamente impregnate dall'interno, e quindi il legno sta funzionando come setaccio al massimo della capacità, ma che l'umidità relativa dell'aria non consente l'evaporazione completa.
4. Richiesta di ossigeno. Collegandolo al punto precedente, la fermentazione acetica dovrebbe essere completata prima dell'ingresso in batteria, anche per evitare problemi di formazione di cellulosa. L'ossigeno necessario serve quindi per proseguire l'ossidazione chimico fisica, che avviene in seno al liquido e non sulla superficie, per cui l'ossigeno può permeare attraverso le doghe.
In conclusione, secondo me la corsa alla densità coi cocchiumi aperti, oltre ad essere rischiosa dal punto di vista della stabilità del prodotto, induce importanti perdite di aromi.
Chiedi scusa per essermi dilungato!
Federico - Mosto degli Estensi